L'Unione crea l'Euro digitale: la vera alternativa a Visa e Mastercard

L'Unione crea l'Euro digitale: la vera alternativa a Visa e Mastercard

𝐏𝐫𝐨𝐯𝐞 𝐭𝐞𝐜𝐧𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐢 𝐥𝐢𝐛𝐞𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐩𝐚𝐠𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐝𝐚𝐥 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨𝐥𝐥𝐨 (𝐞 𝐝𝐚𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐟𝐢𝐭𝐭𝐢) 𝐔𝐒𝐀

L’annuncio della BCE del 30 ottobre 2025 sul passaggio alla nuova fase del progetto di euro digitale chiude il tempo delle ipotesi e apre quello dell’implementazione tecnica: la BCE costruirà la piattaforma e gli standard, in attesa che Parlamento e Consiglio Ue chiudano il regolamento entro il 2026. Se la politica non rallenta, nel 2027 partirà un pilota e nel 2029 l’euro digitale potrà essere emesso e usato in tutta l’area dell’euro. L’obiettivo non è misterioso: offrire a cittadini e imprese un mezzo di pagamento pubblico, universale e a costi contenuti, capace di riequilibrare un mercato oggi dominato da due circuiti privati statunitensi, Visa e Mastercard, che assorbono la gran parte delle transazioni con carta in Europa e che negli ultimi anni hanno alzato in modo costante le commissioni di schema e i costi per gli esercenti (stima Brattle Group +34% tra 2018 e 2022).

Tecnicamente l’euro digitale sarà moneta di banca centrale, come le banconote, ma in forma elettronica e con tre caratteristiche dichiarate da Francoforte: uso online e offline, disponibilità universale nelle 20 economie dell’euro, distribuzione tramite gli intermediari esistenti (banche, istituti di pagamento, forse gli operatori di telecomunicazioni). Non ci sarà quindi un “conto alla BCE” per ogni cittadino: resterà il modello a due livelli, con la banca centrale che emette e il sistema bancario privato che distribuisce e gestisce i rapporti con i clienti. Ma la regola di base sarà politica, non contrattuale: l’euro digitale dovrà avere corso legale e dovrà essere accettato da tutti i merchant, salvo poche eccezioni da definire. Per i commercianti europei è la leva che oggi manca nei negoziati con i grandi circuiti: un mezzo di pagamento che non possono rifiutare i clienti e che, per disegno, dovrà avere commissioni basse e trasparenti.

La mossa va letta nel contesto di due tensioni. La prima è geopolitica: l’Europa paga la propria dipendenza da infrastrutture di pagamento controllate negli Stati Uniti e deve proteggersi da possibili shock politici o commerciali. Lo hanno detto più volte membri del board BCE: la questione è di “sovranità dei pagamenti”. La seconda è concorrenziale: Bruxelles è sotto pressione di grande distribuzione, e‑commerce e associazioni dei retailer che nel 2025 hanno chiesto un giro di vite su Visa e Mastercard. Le indagini della Commissione su fee e pratiche restrittive sono in corso, ma l’Unione sa che la via regolatoria non basta: serve un’alternativa europea di massa, con prezzi ancorati ai costi e non alle dinamiche di mercato dei circuiti internazionali. L’euro digitale è il tassello pubblico di questa strategia; il tassello privato è wero, il wallet dell’European Payments Initiative, che sta integrando i sistemi nazionali (Bancomat, Bizum, MB Way, Vipps) e che mira a diventare lo standard europeo per i pagamenti istantanei. I due pezzi sono complementari: l’euro digitale dà la moneta e lo status; EPI dà l’interfaccia e il network; insieme creano concorrenza endogena.

Detto questo, “alternativa a Visa e Mastercard” non significa che dal 2029 smetteremo di usare le carte. Ci sono almeno tre vincoli. Primo: i limiti alle consistenze. Per evitare la fuga di depositi dalle banche, la BCE imporrà soglie massime di euro digitale detenibili da ciascun utente, sopra le quali scatterà il deflusso automatico verso il conto bancario. È una scelta di stabilità finanziaria, ma riduce l’uso del nuovo strumento per pagamenti di importo elevato. Secondo: l’esperienza d’uso. Le carte hanno decenni di “frizione zero” alle spalle: tokenizzazione, pagamenti ricorrenti, chargeback, modelli antifrode. L’euro digitale parte da zero e dovrà raggiungere lo stesso livello di comodità, altrimenti gli utenti resteranno sulle soluzioni familiari. Terzo: l’accettazione internazionale. Un turista europeo a New York non potrà pretendere l’euro digitale alla cassa: in assenza di accordi tra banche centrali, le carte continueranno a essere il mezzo più universale. In sintesi: il nuovo strumento colpirà prima le commissioni domestiche e il potere di mercato dei circuiti in Europa, non il loro ruolo globale.

L’effetto più immediato sarà invece sulle tariffe. Con un mezzo di pagamento pubblico e legale, la BCE e la Commissione potranno indicare un tetto massimo di costo per i servizi di base (wallet, identificazione, pagamento in negozio e online) e indurre gli operatori privati ad allinearsi per restare competitivi. L’abbiamo già visto con i bonifici istantanei: l’obbligo europeo ha forzato le banche a offrire pagamenti in tempo reale quasi gratuiti. Se l’euro digitale replicherà questa logica, i margini oggi garantiti dalle commissioni di schema delle carte saranno compressi e gli esercenti avranno un benchmark di prezzo su cui contrattare. A quel punto Visa e Mastercard dovranno ridurre le fee o spostarsi su servizi a valore aggiunto (rateizzazioni, loyalty, data analytics) dove il pubblico non entrerà. È precisamente il riequilibrio che chiedono le associazioni dei retailer.

Resta un nodo politico: chi paga l’infrastruttura. La BCE ha stimato tra 4 e 5,7 miliardi di euro il costo per costruire piattaforma, rete e standard. È probabile che una parte ricada sugli intermediari e, indirettamente, sugli utenti. Perché l’euro digitale diventi davvero una “alternativa” e non solo un “diritto teorico”, i governi dovranno finanziare la fase di avvio e imporre la gratuità almeno per le funzioni base (apertura wallet, pagamenti offline, P2P). Altrimenti il rischio è un doppio mercato: cittadini che restano sulle carte perché più comode e merchant che devono investire in nuovi POS senza vedere subito i benefici. Qui si giocherà la partita tra BCE, Commissione e Stati: chi sostiene i costi, chi incassa i vantaggi, chi fissa le regole.

In conclusione: l’euro digitale non è l’ennesima moda tecnologica. È il tentativo più avanzato dell’Unione di rimettere la sovranità dei pagamenti al centro, dopo anni in cui l’Europa ha regolato i circuiti altrui senza mai crearne uno suo. Visa e Mastercard resteranno, ma dovranno giocare su un campo meno sbilanciato. Se la politica chiuderà il dossier in tempo, dal 2029 i pagamenti in Europa saranno un settore meno opaco, più contendibile e molto più europeo.

— 𝐒𝐚𝐥𝐝𝐨 𝐏𝐫𝐢𝐦𝐚𝐫𝐢𝐨