Le virgolette e l'evaporazione di senso
𝐐𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐥𝐞 𝐩𝐚𝐫𝐨𝐥𝐞 𝐦𝐞𝐬𝐬𝐞 𝐢𝐧 𝐞𝐯𝐢𝐝𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐩𝐞𝐫𝐝𝐨𝐧𝐨 𝐬𝐢𝐠𝐧𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚𝐭𝐨
È da un po' di tempo che il mio fastidio cresce alla lettura dei quotidiani. All’inizio non capivo il perché ma poi, sommerso dal ripetersi del motivo del mio fastidio, ho capito cos’era: l’uso esagerato di termini virgolettati.
Non sto parlando delle virgolette come segno tipografico usato per introdurre il discorso diretto, o per citare testualmente qualcuno. Parlo delle virgolette che servono per evidenziare la natura metaforica di una parola utilizzata per mettere in dubbio o modificare il senso letterale della stessa o per estenderne indebitamente il significato, spesso utilizzando il timbro dell’ironia. Quindi per evidenziare non il senso letterale ma il senso traslato di una parola.
Questa pratica nota è accettabile se usata con parsimonia ma se travalica le sponde della sobrietà ed esonda fuori da qualsiasi limite diventa una patologia dello scrivere.Testimonia il sintomo di una malattia che si sta cronicizzando e che ha ormai colonizzato anche i giornali, quelli che sono ancora definiti come i media mainstream.
La malattia la chiamo bloggherizzazione dei quotidiani o meglio bloggherizzazione dei giornalisti che un tempo usavano due timbri stilistici (sempre che un pezzo di un articolista abbia uno stile) diversi quando scrivevano un articolo destinato alla carta stampata o quando invece postavano un qualche commento sui social. Quindi uno stile molto più assertivo, tanto da diventare sloganistico, un eloquio molto meno formale, al limite dell’offensivo o del triviale, notizie sul limitare della falsità con la consapevolezza che nel giro di un minuto sarebbero state dimenticate.
E poi l’uso patologico delle virgolette necessarie a evidenziare il senso della parola utilizzata in mancanza di emoji che con una faccina sottolinea un umore.In mancanza di spazio, voglia, vocabolario, i giornalisti si affidano alle faccine e alle virgolette perché non sono più in grado di restituire con le parole uno stato d’animo o un significato anche traslato a quei termini che usano.
Il guaio di questa pratica è che la scrittura giornalistica si appiattisce e sceglie la comoda via del segno in mancanza delle appropriate parole, impoverisce la lingua e infastidisce il lettore che si cruccia di tale povertà lessicale, pur attribuendo al segno una nobiltà che non andrebbe sprecata in siffatte pratiche. Se questo non bastasse, le virgolette indicano una ben più pericolosa deriva che può sintetizzarsi nell’evaporazione del senso di alcune parole che, distaccandosi dal loro significato letterale, aprono il fianco a una serie sempre più vasta di sensi col risultato di non significare più nulla.
Nelle scorse settimane ho estrapolato da vari articoli alcune di queste parole che si ripetono ad ogni piè sospinto. La prima e più abusata sui giornali, al traino del dibattito politico, è l’epiteto “fascista” lanciato contro chi fascista più non è o non è mai stato. Non sto parlando della querelle se FdI è ancora ancorata al suo passato. Sto parlando del termine usato contro il clero (pedofilo?), le forze dell’ordine (autoritarie?), i CdA delle aziende (cultura del capo?), il populismo (inganno per le masse?), Putin (guerrafondaio?), l’Ucraina (battaglione Azov dunque nazista?), Hamas (terroristi?), gli Ebrei (sionisti?). Tutti sotto il cappello del fascismo (L’Urfascismo di Eco è complice dell’evaporazione del termine) mentre ci sarebbe un vasto vocabolario per descrivere e anche insultare tutti questi soggetti. Chi più ne ha più ne metta con il risultato che ormai il termine è privo di senso se non quello di additare qualcosa che al singolo non piace. Quindi fascista non è più colui che è stato iscritto al PNF o che oggi rivendica l’ideologia di quello schieramento politico, ma bensì un pastone omnicomprensivo che all’inizio ne capovolge il senso ma che in breve tempo ne azzera il significato annacquandolo in un “tutto tranne quello che penso io”.
Per farvi capire cosa intendo cito una risposta data da Aldo Cazzullo ad alcuni lettori, dopo che il generale Vannacci si è espresso in modo troglodita sul fascismo: «Mi scandalizza meno il generale Vannacci dei vecchi malvissuti che da ragazzi inneggiavano a Mao e a Pol Pot e ora rivalutano il duce e “contestualizzano” pure il nazismo». Un modo per dire Mao e Pol Pot erano fascisti. E quindi rimescolando il tutto, azzerando anche il senso dei due dittatori rossi. Da notare quel “contestualizzando” messo tra virgolette che intende negare una delle più evidenti regole della storiografia e che cioè la ricerca della verità storica passa sempre attraverso il vaglio della contestualizzazione, pena l’incomprensione del fenomeno in studio.Ecco l’inversione di significato della parola e la sua dilatazione oltre il limite del consentito ha generato l’evaporazione di senso del termine stesso.
Un altro termine ampiamente virgolettato in questi giorni è “ricco”, riferito alle ben note critiche alla manovra del governo. Termine che si è distaccato ampiamente dal suo senso letterale, misurabile, oggettivo, per assumere un significato così tanto dilatato da non voler dire più nulla.
Un altro, ma se ne potrebbero indicare molti, è il termine “femministe” che a seguito delle vicende che hanno coinvolto tre scrittrici, giornaliste, influencer che nella loro chat insultavano uomini e donne, indicando anche forme di gogna digitale per screditarli sono improvvisamente diventate da femministe (come tali si descrivono le interessate) a “femministe” virgolettate per indicare che il pensiero femminista mai e poi mai potrebbe diventare un discorso d’odio e di vendetta. Ecco non più una classificazione oggettiva che distingue tra femministe storiche, neofemministe, femministe intersezionali, transfemministe, ma “femministe” una categoria che pur autoproclamatasi tale non ha ricevuto il placet da non si sa bene chi.
Esempi di annacquamento del significato provocato da una estensione impropria che alla fine comprende “il tutto al di fuori di me” che testimonia il trionfo del pensiero individualista volto al discioglimento di tutti i pensieri comunitari disperso in miliardi di rivoli insignificanti.
Che sia Stirner e il suo Unico e la sua proprietà ad intrufolarsi in questo cupio dissolvi del senso delle parole evaporate a causa delle virgolette?
- 𝐌𝐚𝐫𝐢𝐨 𝐆𝐫𝐨𝐬𝐬𝐢