Che noia il conservatorismo dei progressisti
«𝐍𝐨𝐧 𝐜𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐢 𝐦𝐨𝐫𝐚𝐥𝐢 𝐨 𝐢𝐦𝐦𝐨𝐫𝐚𝐥𝐢. 𝐂𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐢 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐭𝐭𝐢 𝐛𝐞𝐧𝐞 𝐨 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐭𝐭𝐢 𝐦𝐚𝐥𝐞». 𝐒𝐚𝐩𝐞𝐯𝐚𝐭𝐨𝐥𝐨!
Si stanno moltiplicando articoli dei quotidiani che hanno tutti lo stesso umore che può sintetizzarsi in: lo sdegno e lo stupore dei giornalisti progressisti nei confronti di iniziative culturali non in linea coi dettami del mainstream.
Come ogni anno con l’approssimarsi della Festa dei giovani di FdI Atreju “il Corsera” dedica un lungo articolo al Pantheon di FdI e si stupisce che nel corso degli anni ci siano state uscite e nuove entrate che in qualche modo destano sconcerto, come la presenza di Tex Willer, Francesco Guccini accanto a Oriana Fallaci.
Questo, secondo l’articolista di turno, testimonierebbe una mancanza di pensiero e una ricerca spasmodica da parte di giovani decerebrati alla ricerca di modelli che non trovano in casa loro.
Poi è nata una mini polemica su un convegno sempre dei Fratelli d’Italia che portava il titolo “Pasolini conservatore” e naturalmente si è gridato allo scandolo per l’appropriazione, a detta dei soliti quotidiani, di uno scrittore “de sinistra” da parte dei “fascisti”.
Infine, visto che il 4 dicembre pv si aprirà a Roma la manifestazione “Più libri più liberi”, è partito il battage con richiesta di estromissione della casa editrice Passaggio al bosco considerata, caso strano, “fascista” da parte di Emanuele Fiano, subito seguito dal sindaco Gualtieri pronto (dice lui) a togliere il patrocinio alla manifestazione se non verrà cacciata.
Subito ci si è messo pure Paolo Berizzi che in una nota su “Repubblica” aggiunge agli indesiderati anche Idrovolante Edizioni rea di aver ristampato, riveduto, corretto e rimpolpato, un testo di Carlo Sburlati del 1970 su Codreanu.
Seguito da un proclama di vari intellettuali (sic) di sinistra: Daria Bignardi, Zerocalcare, Antonio Scurati e altri (vedi: “Corsera” cronaca di Roma) che chiedono anche loro l’estromissione.
Unico fil rouge che collega tutti questi articoli è da un lato lo stupore beota di chi non si è mai preoccupato di studiare cosa bolliva in pentola al di fuori del proprio orticello e dall’altra l’incapacità di confrontarsi sul piano delle idee con argomentazioni e non con la solita tiritera demonizzante dell’antifascismo forever.
Che noia questi progressisti con il loro conservatorismo che non vuole altro che mantenere uno status quo asfittico, chiuso negli stessi salotti autoreferenziali in cui non si discute più ma ci si dà ragione a vicenda gongolando per la propria superiorità intellettuale.
Didascalici da questo punto di vista i siparietti TV di Augias, Fazio, Gruber, Floris. Sempre le stesse facce che si assecondano a vicenda senza mai un contraddittorio, al massimo un povero antagonista utilizzato come vittima sacrificale e sempre zittito da chi invece dovrebbe fare da moderatore.
Che tristezza questi progressisti che hanno avuto la necessità di aspettare che la chicchissima Adelphi sdoganasse autori ritenuti un tempo il sottobosco culturale dei “fascisti”. Sto parlando di gente come Junger, Cioran e ovviamente di Nietzsche che da autori impresentabili sono diventati autori di culto. I progressisti li hanno conosciuti con cinquant’anni di ritardo.
E che dire di Gomez Davila, campione del reazionarismo più becero, fino a che le edizioni GOG ed Adelphi lo prendessero in considerazione. E poi Brasillach, il collaborazionista, e i suoi stupendi romanzi, demonizzato fino a che la meritoria casa editrice Settecolori (impropriamente ribattezzata dai prog una Adelphi di destra) non lo ripresentasse per lo sdoganamento.
La stessa pigrizia mentale gli intellettuali mainstream dimostrarono quando negli anni settanta nacque quell’esperimento della Nuova Destra e delle riviste satiriche come La Voce della Fogna liquidate come un tentativo di mascheramento la prima e come mera scopiazzatura della satira di sinistra la seconda.
Quanta muffa, quanta protervia e quanta cecità. C’è da compatirli.
Tutto questo per dire che la pigrizia intellettuale ha anchilosato da tempo il pensiero progressista che non solo non riesce a produrre niente di originale e tenta di spacciare per novità letture che avrebbe dovuto fare mezzo secolo fa ma tenta un’appropriazione indebita accusando gli altri di questa operazione.
I progressisti in fin dei conti non vogliono confrontarsi ma continuare a cullarsi nella loro mancanza di curiosità. Era tutto a portata di mano e per puro conformismo non l’hanno preso. Così gridano all’appropriazione indebita quando qualcuno azzarda una lettura diversa dalla loro. C’è puzza di cadavere in quell’ambiente. Chi crede già di sapere e di essere intelligente non ha più né forza, né voglia, né curiosità di scoprire letture alternative (aspetta che ci sia l’Adelphi di turno, così chic a riscoprire autori trascurati o semplicemente ghettizzati per non infrangere il sudario mortifero di cui si ammanta l’intellighenzia prog).
In fondo un autore, a meno che non sia mortalmente monocorde, offre al lettore diverse idee e permette diverse letture. Tutti possono leggere Pasolini ed inoltrarsi nella sua interpretazione. Ci saranno buone e cattive interpretazioni che verranno accantonate ma con cognizione di causa.
Come disse Oscar Wilde: «Non ci sono libri morali o immorali. Ci sono libri scritti bene o scritti male». La pretesa dei progressisti di ergersi a baluardo contro interpretazioni non conformi ai loro criteri suscitano solo ilarità. Non sentiranno le risate di scherno di fronte a tanta pochezza perché i morti viventi non hanno orecchio per sentire.
-𝐌𝐚𝐫𝐢𝐨 𝐆𝐫𝐨𝐬𝐬𝐢