Budapest salta. Chance per l'Unione Europea

Budapest salta. Chance per l'Unione Europea

𝐍𝐮𝐨𝐯𝐨 𝐟𝐥𝐨𝐩 𝐔𝐒𝐀. 𝐄𝐮𝐫𝐨𝐩𝐚, 𝐚𝐝𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐨 𝐜𝐡𝐢𝐬𝐬𝐚̀ 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨.

Washington e Mosca hanno giocato a porte chiuse. Il vertice di Budapest è saltato: non c’è una data, non c’è un testo, non c’è un perimetro di garanzie. Per l’Unione Europea è insieme varco e responsabilità: se non esce dalla zona grigia, la trattativa tornerà bilaterale e l’Europa resterà platea; se entra adesso, può fissare regole, tempi e verifiche.

Per Putin era una occasione di legittimazione: non avrebbe concesso di più di quanto abbia fatto in Alaska a Ferragosto, cioè: niente. Del resto, congelare la guerra “dove siamo ora” avrebbe significato cristallizzare l’aggressione e trasformare il cessate il fuoco in una tregua finta, senza ritiro, senza monitoraggio, senza diritti. Finché Mosca rifiuta parametri verificabili e usa il tavolo come scena, non c’è pace: c’è occupazione amministrata.

Trump ha fallito di nuovo. La promessa di “pace in 24 ore” si è rivelata propaganda: Washington ha fermato il summit perché, in extremis ha capito le reali intenzioni di Putin: legittimazione internazionale senza dare nulla in cambio. Apparire ingenui o, peggio, compiacenti una volta, non va bene ma ci può stare. Caderci di nuovo, avrebbe cominciato a far filtrare qualche dubbio sulle sue capacità politiche anche ai MAGA più adoranti (forse).

La resistenza e la resilienza ucraina continuano ma è chiaro che il rifiuto alla richiesta dei Tomahawk limita profondità e raggio degli strike stand‑off, allunga i tempi operativi e produce logoramento — dinamica che favorisce la Russia più del negoziato. Fermarsi qui equivale a gestire l’inerzia, non a costruire la pace.

Capitoletto a parte meritano i signori ungheresi. Membro UE e parte dello Statuto di Roma, l'Ungheria ha offerto ospitalità a un imputato CPI: è sabotaggio politico dell’acquis comunitario dall’interno dell’Unione. Non è un incidente: è un metodo — neutralizzare condizionalità e Stato di diritto ogni volta che servono. Un’UE che tollera questa ambiguità sistemica manda il messaggio peggiore: le regole non valgono per tutti, il che equivale ad essere sfiduciati politicamente dal consesso internazionale.

Per la Ue, diventa percorso quasi obbligato conferire d'urgenza al suo servizio diplomatico, l’EEAS, un mandato esplicito per un tavolo multilaterale UE/NATO/ONU con capitoli separati (sicurezza, confini, ricostruzione) e verifiche terze; varare un pacchetto di sicurezza per Kiev (difesa aerea stratificata, ISR, munizionamento a lungo raggio dove conforme) per evitare il logoramento asimmetrico; legare ogni apertura verso Mosca a condizionalità misurabili sullo Stato di diritto e a un regime di sanzioni pronte, con clausole di attacchi stand-off a lungo raggiose gli impegni vengono violati.

Se l’UE entra ora nel processo e ne fissa il perimetro giuridico e operativo, allora la sospensione di Budapest diventa un argine utile; se indugia, il bilaterale USA–Russia tornerà e l’Europa sarà di nuovo spettatrice. -

-𝐒𝐞𝐯𝐞𝐫𝐢𝐧 𝐀𝐳𝐢𝐦𝐮𝐭