Bombe su Kiev. I droni russi dall'alto e la corruzione dal basso. Le due guerre ucraine.

𝐒𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐮𝐧𝐚 𝐯𝐞𝐫𝐚 𝐠𝐮𝐞𝐫𝐫𝐚 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐨𝐫𝐫𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞, 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐢 𝐦𝐢𝐬𝐬𝐢𝐥𝐢 𝐫𝐮𝐬𝐬𝐢 𝐧𝐨𝐧 𝐛𝐚𝐬𝐭𝐚 𝐚 𝐥𝐢𝐛𝐞𝐫𝐚𝐫𝐞 𝐥’𝐔𝐜𝐫𝐚𝐢𝐧𝐚 𝐞 𝐚 𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚𝐫𝐥𝐚 𝐢𝐧 𝐄𝐮𝐫𝐨𝐩𝐚Questa notte Kiev è stata di nuovo colpita da un attacco massiccio di droni e missili: almeno undici palazzi residenziali colpiti, un ospedale e una scuola danneggiati, quattro morti e decine di feriti, blackout in vari distretti. I bombardamenti russi su Kiev e sulle infrastrutture energetiche non sono solo una strategia militare: servono a logorare lo Stato ucraino, la società civile e la pazienza dei partner europei. Ogni centrale colpita, ogni blackout, rende più difficile governare un Paese in guerra e più costoso sostenerlo da fuori.

Dentro questo quadro c’è una seconda guerra, meno visibile ma decisiva: quella contro la corruzione ad alto livello. Negli ultimi anni l’Ucraina ha costruito un sistema anticorruzione che molti Paesi dell’area non hanno mai avuto: ufficio investigativo indipendente, procura specializzata, tribunali dedicati. Se oggi emergono scandali che toccano giudici supremi, manager energetici, forniture militari, è anche perché qualcuno indaga davvero.

Proprio per questo la tentazione politica di mettere le briglie a queste istituzioni è forte. In tempo di guerra il potere esecutivo tende a chiedere “unità”, “silenzio” sugli scandali, margini più ampi per gestire nomine, contratti, emergenze. Ma qui si apre il punto europeo: l’allargamento non è un premio al sacrificio militare, è l’ingresso in un ordinamento fondato su regole. Sicurezza e Stato di diritto sono due colonne dello stesso ponte, non due alternative.

Per i cittadini ucraini che combattono, perdono la casa e vivono i blackout, vedere élite che continuano a fare rendita sulle forniture pubbliche significa una cosa semplice: ingiustizia. Da qui nasce la spinta dal basso a trattare la corruzione come una minaccia alla sicurezza nazionale, non come una “tassa inevitabile” della guerra. Ed è questa spinta civile a rendere oggi l’Ucraina credibile come futuro Stato membro più di qualsiasi discorso ufficiale.

Da parte europea il margine è stretto. Un “tough love” coerente significa: sostegno militare e finanziario finché serve, ma legato a tappe verificabili su riforma della giustizia, indipendenza delle agenzie anticorruzione, protezione di giornalisti e ONG. Ogni passo indietro su questi punti rende più difficile spiegare ai cittadini europei perché Kiev debba sedere domani al tavolo dell’Unione.

In sintesi: se l’Ucraina riuscirà a difendere le sue città dai missili e, insieme, a non proteggere chi ruba nello Stato, l’argomento per portarla nell’UE diventerà politicamente più forte di qualsiasi propaganda russa. Se invece la guerra sarà usata come alibi per chiudere gli occhi sulla corruzione, la strada verso l’Europa resterà formalmente aperta ma sostanzialmente bloccata, e a dettare i tempi non saranno più le istituzioni, ma l’usura del conflitto.

— 𝐒𝐞𝐯𝐞𝐫𝐢𝐧 𝐀𝐳𝐢𝐦𝐮𝐭