Aqua. Ventuno giorni con l'acqua alla gola - Un romanzo di Paolo Asti
𝗦𝗰𝗵𝗲𝗱𝗮 𝗹𝗶𝗯𝗿𝗼
𝗧𝗶𝘁𝗼𝗹𝗼: Aqua. Ventuno giorni con l’acqua alla gola
𝗔𝘂𝘁𝗼𝗿𝗲: Paolo Asti
𝗣𝗿𝗲𝗳𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲: Francesco Del Vigo
𝗘𝗱𝗶𝘁𝗼𝗿𝗲: Sagep Editori
𝗖𝗼𝗹𝗹𝗮𝗻𝗮: Romanzi
𝗔𝗻𝗻𝗼: 2025
𝗣𝗮𝗴𝗶𝗻𝗲: 168
𝗜𝗦𝗕𝗡/EAN: 9791255902232
𝗣𝗿𝗲𝘇𝘇𝗼: 15,00 €
𝗔𝗰𝗾𝘂𝗶𝘀𝘁𝗼: https://www.ibs.it/aqua-ventuno-giorni.../e/9791255902232
"Aqua. Ventuno giorni con l’acqua alla gola" è un romanzo che prende di petto il cuore opaco della Repubblica entrandoci da una porta laterale: una storia d’amore fuori tempo massimo, sotto un acquazzone milanese, tra un sessantenne elegante e una ragazza che arriva già carica di segreti. Ne viene fuori un ibrido che tiene insieme love story, spy story vaticana, noir sui misteri italiani.
La trama, ridotta all’osso. Rocco, romano trapiantato a Milano ed ex uomo di apparato vaticano-istituzionale, incontra Ilaria sotto un temporale. Da lì parte un corteggiamento obliquo, fatto di biglietti, codici, citazioni dantesche, messaggi che appaiono sui mezzi pubblici. Il presente è un arco di ventuno giorni in cui il desiderio si intreccia con il ritorno del passato: il padre di Rocco è il “Grande Vecchio” che tiene insieme Vaticano, servizi e criminalità organizzata, e Ilaria è più vicina a quella rete di quanto lui sospetti. Tra convocazioni riservate, viaggi improvvisi, avvertimenti che arrivano sempre all’ultimo minuto, Rocco è costretto a scegliere quanto è disposto a sacrificare – di sé e della propria storia – per salvare chi ama e per non tornare a essere solo un ingranaggio del sistema.
Il libro è incorniciato da due soglie che lo mettono subito a fuoco. La prefazione di Francesco Del Vigo lo definisce «un romanzo agile e avvincente che intreccia i fili della fiction e dell’immaginazione con quelli della storia del nostro Paese», e la formula è precisa. L’«Avvertenza al lettore» firmata da Asti, invece, chiarisce metodo e ambizione: «Senza la pretesa di voler riaprire o arrivare a sciogliere dubbi legati a casi di cronaca nera in parte ancora irrisolti», si tratta di usare il personaggio Rocco per avvicinare quel tessuto ruvido di storia e cronaca che resta in sospeso.
Il romanzo si tiene in piedi proprio sulla tessitura continua tra finzione e storia recente. Asti mette in campo, con grande riconoscibilità, il caso Emanuela Orlandi e l’ombra lunga della sua sparizione; l’universo del Banco Ambrosiano, di Roberto Calvi, dello IOR di Marcinkus e della galassia Sindona; la Banda della Magliana e la tomba di De Pedis in Sant’Apollinare; la strage di via dei Georgofili e il mondo delle logge fiorentine; le strutture “stay-behind” alla Gladio, rilette come rete che si aggiorna e cambia nome ma non funzione. Non c’è complottismo da rotocalco: c’è la volontà di innestare una biografia romanzesca dentro una cronologia reale, riconoscibile per chi quegli anni li ha vissuti e letti sulle prime pagine.
La scelta della prima persona è decisiva. Rocco racconta con una voce che tiene insieme disincanto e desiderio, cultura alta e dettagli di mestiere: Dante e Wilde convivono con i vinili jazz, la Thorens, la Lounge Chair di Eames, i cocktail preparati “come si deve”. La lingua è scorrevole, pulita, con un registro medio-alto che non si gonfia mai in retorica: i tecnicismi arrivano solo dove servono, che si tratti di impianti hi-fi, architettura funeraria o protocolli diplomatici. Un esempio: «Del resto, è il tempo, e non il denaro, la cosa più preziosa che abbiamo. Il tempo non si può comprare né vendere». Inoltre, si sente in maniera chiara e forte la competenza dell’autore in campo artistico: musei, cappelle, gallerie, cimiteri monumentali non sono solo sfondi, ma nodi narrativi che caricano di intensità le scene.
I materiali di cronaca sono trattati con sobrietà: non diventano mai pretesti per “rivelazioni definitive”, ma restano materia viva per costruire l’ambiente morale in cui Rocco si muove. La pagina alterna momenti di pura immersione narrativa a passaggi quasi da longform giornalistico, ma la voce resta la stessa: quella di un uomo che ha visto da vicino certi meccanismi e li restituisce al lettore in forma di memoria, non di arringa. E meno che mai di sentenza.
La struttura tiene insieme tutto questo con un dispositivo semplice e efficace: ventuno giorni di diario datati, su cui si innestano grandi flashback anni Ottanta e Novanta e inserti più “cronachistici”. Il presente è Milano, con le deviazioni a Roma, Firenze, Dubai, Singapore, Macao; il passato è New York 1983, i corridoi del Palazzo di Vetro, le sacrestie romane, le sale affrescate fiorentine, i cimiteri di provincia. Il leitmotiv dell’acqua – la pioggia iniziale, il mare di Boccadasse, i fiumi, i bicchieri, persino il titolo – fa da colonna vertebrale simbolica: l’acqua sale, stringe la gola, ma tiene anche a galla ciò che la storia ufficiale vorrebbe lasciare sul fondo.
Dal punto di vista del montaggio, il libro lavora come un film: stacchi rapidi tra aeroporto e cappella di famiglia, tra roof di hotel internazionali e bar di quartiere, tra interrogatori di intelligence e lettere scritte con rossetto Rouge Hermès. I personaggi di contorno – Miriana, Ted, Angela – entrano ed escono come comparse funzionali alla trama, mentre l’asse resta saldo sul rapporto tra Rocco, Ilaria e il Grande Vecchio.
Sulle ascendenze il gioco è, in fondo, un esercizio teorico: lo stile di Asti è già riconoscibile come voce personale. Il lettore può però cogliere echi del romanzo civile alla Sciascia, del noir di potere alla De Cataldo, della narrativa di spionaggio alla le Carré. La specificità resta tutta italiana: qui il “servizio segreto” non è un’astrazione, ma passa per il Vaticano, per i consigli di amministrazione bancari, per le tombe di famiglia scolpite da artisti veri. L’arte, in particolare, diventa una lingua parallela della trama: dalla scultura del Figliol Prodigo alla memoria delle tele distrutte agli Uffizi, il romanzo usa le opere come specchi morali senza forzare allegorie.
"Aqua. Ventuno giorni con l’acqua alla gola" è, in questo senso, soprattutto un romanzo di sguardo: guarda la storia recente senza abbassare gli occhi, e la incrocia con il desiderio, il rimpianto, la paura di chi sa di essere all’ultimo giro. L’acqua, alla fine, non è più solo minaccia di affogare: è il livello a cui salgono insieme memoria e consapevolezza.
— 𝗠𝗶𝗿𝗼 𝗥𝗲𝗻𝘇𝗮𝗴𝗹𝗶𝗮