Chi siamo
Il Fondo²
Lo chiamiamo “Fondo” per due ragioni concrete.
La prima è da archivio: un fondo è un patrimonio di carte. Non per collezionare polvere, ma per poter tornare indietro: ricostruire un passaggio, controllare una data, rimettere in fila un nesso.
La seconda è da profondità: il fondo è la quota a cui le cose smettono di galleggiare. Quando cala la schiuma della frase pronta, restano materiali da maneggiare: numeri che tornano o non tornano, clausole, date, definizioni; e parole usate per lavorare — senza formule, ma con una pretesa minima: precisione. Abbastanza nette da poter essere contestate, abbastanza mobili da poter essere corrette.
Il “²” apicale non è un'elevazione a potenza. Più semplicemente vuol dire: torniamo, dopo un decennio (o quasi) di attività e un decennio (o quasi) di dismissione. E la seconda volta deve reggere più della prima.
Siamo una redazione plurale: firme e pseudonimi, campi diversi, temperamenti diversi. Non cerchiamo l’unisono. Ci interessa una disciplina condivisa: scrivere senza chiedere adesione preventiva e senza scambiare stile per prova.
In questa pagina troverai tre promesse, non una poetica.
Primo: parole senza alibi. Le usiamo finché smettono di fare da scudo e tornano a fare il loro mestiere. “Legale” non significa “efficace”; un fatto non è già una spiegazione; indignazione non è una prova.
Secondo: frase con ricevuta. Non trasformiamo ogni articolo in un dossier. Ma quando un passaggio chiede fondamento, lo portiamo: dati, documenti, date, numeri — alla mano, senza scenografie.
Terzo: il nodo lasciato in vista. Non chiudiamo tutto con una morale. Lasciamo in pagina il punto duro: dove due cose giuste entrano in conflitto, o dove una scelta obbliga a rinunciare a una comodità.
Quando scriviamo di conflitti, guardiamo a dinamiche, linee rosse, mediazioni, fratture: cosa tiene, cosa può deragliare, cosa viene raccontato come inevitabile per evitare responsabilità. E sul conflitto che ha riaperto l’Europa con la forza — l’Ucraina — non recitiamo simmetrie: partiamo dall’aggressione russa e dal diritto di Kyiv a difendersi, dentro la cornice dell’integrità territoriale.
Quando scriviamo d’Europa, la trattiamo come ordinamento e progetto politico: vincoli, condizionalità, legittimità democratica, capacità decisionale. La direzione, per noi, è chiara: un’Unione che sappia decidere e agire insieme — più sovranità condivisa dove conta, meno veti come alibi.
Quando scriviamo di economia, partiamo dal ciclo: domanda, salari, credito, tassi. Guardiamo a ciò che attutisce gli shock e a ciò che li amplifica: investimenti, bilancio pubblico, welfare, banca centrale; e a come le misure arrivano nella vita reale — inflazione, occupazione, redditi.
Quando scriviamo di scienza e storia, partiamo da date, misure, documenti. Ma ci ricordiamo due avvertenze.
In fisica: il principio d’indeterminazione non è poesia, è un limite operativo. Misuri e, nel misurare, l’oggetto cambia: la conoscenza è interazione, non uno specchio.
In storia: «I fatti non esistono, esistono solo le interpretazioni». Lo prendiamo come promemoria contro la comodità della “cronaca neutra”: i documenti non parlano da soli, siamo noi a doverli ordinare e motivare — e a rispondere degli errori.
Quando scriviamo di cultura e recensioni, torniamo alla pratica: cosa regge in un libro, in una scena, in un montaggio; dove l’opera costruisce e dove si trucca; quali domande lascia davvero sul tavolo.
Sulla lingua non facciamo i puri. La lingua è già compromessa: propaganda, classe, paura, moda. Ogni parola arriva con una storia. Il nostro lavoro è ridurre la truffa: scegliere il termine più preciso anche se stona, segnare quando stiamo inferendo, correggere quando una frase ci scappa di mano. Chiarezza non significa innocenza.
Il Fondo² nasce sui social e oggi passa a una forma autonoma per una ragione pratica: sottrarre i testi al ricatto del feed, dei like, alla fretta, alla memoria corta. Qui gli articoli restano, si rispondono, si contraddicono, si aggiornano.
Se cerchi solo conferme, altrove troverai più comfort. Noi proviamo a mettere in tensione le parole con ciò che devono nominare.
— La Redazione de Il Fondo²